Israele e la sua smania di guerra

Da DEI RICCHI.
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Ci risiamo: ennesima escalation della guerra in Medioriente che vede contrapporsi Palestinesi e Israeliani, divulgata dai media con le solite modalità, ovvero attacco dei terroristi palestinesi e conseguente, dolorosa ma legittima, rappresaglia israeliana.

Non sappiamo quanto durerà questo botta e risposta. Noi lo monitoriamo dall’inizio di questo millennio, mentre quello che è accaduto nel secolo precedente si può desumere, tra i tanti, da un voluminoso lavoro di Benny Morris del 2001 “Vittime”.

Passano gli anni ma la guerra no

Quello che sta accadendo in questi giorni è da una parte la ripetizione di una storia, ma anche della modalità con cui viene narrata. Che si basa sul colpevolizzare una parte e rendere martire e quindi legittimare la reazione dell’altra. Nella fattispecie i titoli delle testate giornalistiche non danno adito a incertezze mentre raccolgono lo schieramento di solidarietà a favore di Israele e di condanna di Hamas.

La cronaca dell’ennesima puntata di questo aberrante conflitto si dimostra parziale fin dalle battute iniziali. Una delle prime notizie riesce infatti a numerare esattamente la quantità di razzi lanciati da Hamas, una bella cifra tonda (5.000), una grottesca precisione che evidentemente i solerti giornalisti conoscono avendo contato di persona uno per uno i relitti di queste armi.

Ovviamente non è oggetto di discussione la responsabilità che viene a gran voce attribuita tutta ad Hamas, reo di aver pianificato questo attacco per tempo, mentre la difesa israeliana viene dipinta come colta di sorpresa e impreparata. Neppure l’immediata reazione di Israele far sorgere qualche dubbio in merito, mentre noi lo cogliamo invece se paragoniamo quanto sta accadendo in questi giorni con quello avvenuto in una precedente fase del conflitto.

L’insegnamento delle operazioni israeliane

Ci riferiamo all’Operazione Margine di protezione svoltasi nell’estate del 2014 i cui risultati in termini di vittime si deducono dalla pagina di Wikipedia:

Le vittime a Gaza furono tra le 2.125 e 2.310, tra cui 495-578 bambini, (non si conosce il numero delle vittime donne) e 11.100 vennero feriti. 66 soldati israeliani, 5 civili (tra cui un bambino) e un cittadino tailandese persero la vita, e 469 soldati e 256 civili israeliani vennero feriti.

In quella operazioni come nelle precedenti si nota la costante sproporzione delle vittime palestinesi su quelle israeliane (più di 30 volte tanto) che riflette la dismisura delle potenze militari in gioco.

Ma ciò che importa far notare è il confronto del casus belli. Perché infatti ogni volta sembra che a iniziare le ostilità siano i gruppi palestinesi, e ciò giustifica la loro condanna a livello internazionale e la rappresaglia sul campo. Al 2014 la memoria wikipediana dedica un capitolo intitolato “Eventi immediati” in cui narra che gli antefatti furono costituiti dal rapimento di tre adolescenti israeliani poi trovati morti. Ma si dimentica che, giusto qualche giorno prima, Israele era stata accusata da Human Rights Watch di aver deliberatamente ucciso 2 ragazzi palestinesi di 15 e 17 anni.

Non di sola Palestina vive il conquistatore

Ciò a significare che quando la voce grossa a livello mediatico e militare ce l’ha sempre il medesimo contendente è facile scrivere la storia come meglio aggrada per giustificare qualsiasi comportamento. Eppure anche in questi giorni è accaduto un fatto grave che dovrebbe spostare le responsabilità più dalle parti israeliane che in quelle palestinesi. Lo si comprende sia dalla vicinanza temporale che dalle alleanze in gioco. Non possiamo infatti ignorare che da anni gli equilibri in Medioriente vedono schierati Iran e Siria a favore dei Palestinesi e contro Israele, il quale è chiamato in causa in tutti i sabotaggi compiuti perché questi due paesi non sviluppino una potenza militare che mini la sua sicurezza, come ad esempio con l’attacco al sito nucleare siriano nel 2007. Azione di cui solo a distanza di anni si venne a confermare la paternità israeliana.

Chi segue però con una certa curiosità il susseguirsi dei accadimenti, certe coincidenze temporali non sorprendono più. Come nel 2014 anche oggi vi è un grave avvenimento che nessun giornale ha correlato con la battaglia in corso. Il 6 ottobre un drone è esploso su una caserma siriana durante la cerimonia dei cadetti alla quale partecipavano, oltre ai militari, le famiglie e gli studenti universitari di Homs. Una strage con centinaia di morti e feriti di cui non si conoscono i colpevoli ma che è passata in sordina nonostante l’efferatezza dell’atto. Nessuno ha alzato il dito contro Israele nonostante esso sia capace di queste ed altre incursioni contro i propri nemici dichiarati, da solo o con la copertura degli alleati internazionali. Ma forse qualcuno lo sa data la subitanea risposta dell’esercito israeliano agli attacchi palestinesi avvenuti giusto il giorno dopo il fatto di Homs.

Un conflitto che viene da lontano

La diatriba in corso - che rende sempre più martoriata la vita dei Palestinesi e così triste e inumana quella degli Israeliani, con effetti a catena su tanti altri interessati - non è recente ma ha origini che, a suo modo, sono narrate nel Vecchio Testamento. Ciò rende conto della sua vetustà ma non la giustifica per niente. Cose tanto penose come la guerra (di conquista e sterminio in particolare) non dovrebbero essere prese a pretesto per rivendicazioni dopo millenni che sono accadute. La memoria umana dovrebbe essere usata per ben più nobili scopi.

Tanto più se si può dimostrare che a scatenarla diversi millenni fa furono le squallide contese agli alti piani della gerarchia sociale, come al solito incuranti delle morti e distruzioni che si accaniscono sulla popolazione inerme. Contese avvenute sulla base di risentimenti di aspiranti sovrani che cercarono di coalizzare eserciti e popolazioni per conquistare territori che ritenevano loro dovuti. È, in soldoni, la storia della conquista della Terra promessa da parte degli Ebrei fuoriusciti dall’Egitto sotto la guida di Mosè prima e Giosuè dopo.

Se queste aspirazioni non vengono abbandonate una volta per tutte ci ritroveremo presto con un conflitto ben più allargato e grave. Che in effetti è già in corso con il tentativo che va avanti dal 2011 di disintegrare la Siria, seguito dalla repressione del movimento dei Fratelli Musulmani nel 2013 e l’instaurarsi della dittatura di Al Sisi in Egitto. Paesi non coinvolti casualmente perché è bene ricordare i confini della terra che venne promessa a Giosuè, in un passo utile per misurare le prossime mosse dell’Israele moderno:

Giosuè 1:2 «Mosè, mio servo, è morto. Àlzati dunque, attraversa questo Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io do ai figli d'Israele. Giosuè 1:3 Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, io ve lo do, come ho detto a Mosè, Giosuè 1:4 dal deserto, e dal Libano che vedi là, sino al gran fiume, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Ittiti sino al mar Grande, verso occidente: quello sarà il vostro territorio.